Se il funerale diventa social

Partiamo da un dato di cronaca: il funerale della piccola Elena, la bambina di Catania ammazzata dalla mamma, sarà trasmesso in diretta social questo pomeriggio.

Questa volta non ce la possiamo prendere con la stampa, no. L’idea è della Diocesi di Catania (e presumo del responsabile della comunicazione) che, temendo assembramenti e caos questo pomeriggio alle 17, ha deciso di mandare in onda la cerimonia in diretta sui social media.

Fin qui il dato di cronaca. Poi la domanda, lecita: quanto una organizzazione impeccabile darà man forte alla pornografia del dolore in cui sguazza spesso e volentieri l’informazione? Un normale senso del pudore ci avrebbe spinto a dire “basta”, evitiamo questo strazio. Poi però ci ricordiamo che siamo iperconnessi (il Covid ci ha insegnato a fare tutto on line) e che forse l’idea della Diocesi non è male per evitare folla questo pomeriggio, in chiesa e fuori.

Mentre riflettevo sul tema del difficile bilanciamento tra il senso del pudore scopro, grazie a un collega, che i funerali social non sono poi neanche tanto una novità. In era Covid, complice la prima fase di lockdown duro, alcune agenzie di pompe funebri hanno lanciato l’idea del funerale social che – dopo una iniziale ritrosia – pare aver incontrato i favori del pubblico (come è spiegato in questo articolo).

E poi, senza nessun pregiudizio, una domanda: davvero siamo pronti a “spostare” tutta la nostra vita on line?

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