Ora i social media manager diventano giornalisti

Sono una donna all’antica e non capisco la presa di posizione di chi sostiene che i social media manager siano giornalisti e – come tali – debbano essere iscritti all’Ordine. Sia chiaro: se sei giornalista e poi sei pure social media manager va bene; ci mancherebbe. Evidentemente ti sei specializzato, hai studiato e hai approfondito una tematica della comunicazione. Ma perché dovrei iscrivere all’Ordine uno che di mestiere lavora solo con i social?

Mi sono casualmente imbattuta in un articolo in cui Domani annuncia un vero e proprio allargamento della professione: forse già da gennaio i social media manager potranno diventare anche praticanti. Il giornale lo spiega citando semplicemente quanto riferito dal vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti, Angelo Luigi Baiguini, durante un corso di formazione professionale incentrato proprio sul tema del rapporto tra l’informazione e il mondo social.

Io resto perplessa: la mia non nè una chiusura mentale alle altre professioni; si sa che se un mestiere non si adegua ai tempi che cambiano rischia di morire… Ma veramente un social media manager è un giornalista professionista? Nel dubbio sono andata a spulciare la definizione del vocabolario.

Giornalista: s. m. e f. [der. di giornale2] (pl. m. -i). – 1. Chi, per professione, scrive per i giornali, e chi collabora, come redattore, alla compilazione di un giornale: fare il g.; essere iscritto all’albo dei g. (come professionista o come pubblicista, secondo che si eserciti questa sola attività, o che si svolgano anche altre attività retribuite o professioni); specificando: g. sportivo, g. parlamentare; g. della carta stampata, radiofonico, televisivo; g. d’assalto, specializzato in inchieste volte a denunciare problemi sociali, scandali e sim. 2. Nel sec. 18°, compilatore, scrittore di un giornale letterario. (Treccani)

E allora? Scrivere per i social è come scrivere per i giornali? E se così fosse, dovremmo essere tutti giornalisti, senza esclusione alcuna. La legge istitutiva della professione dice che:

È istituito l’Ordine dei giornalisti.
Ad esso appartengono i giornalisti professionisti e i pubblicisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell’albo.
Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista.
Sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi. (art. 1 legge n.69/1963)

Insomma, qui non si tratta solo di ampliare l’accesso alla professione; dobbiamo cambiare anche le definizioni.

In effetti il contratto da social media manager utile al praticantato potrebbe essere semplicemente un ulteriore allargamento del ricongiungimento che – da anni – ha dato accesso al professionismo a chi, visti i tempi, un contratto da praticante se lo sogna. Però poi forse a questo punto bisognerà chiedersi se e come si svaluti la professione; e magari interrogarsi ancora sulla riforma della legge istitutiva dell’Ordine, oramai più che vecchia.

Se si amplia la platea dei professionisti in un mercato già saturo e in grave crisi (ora come non mai), come potranno ordine e sindacato difendere i proprio iscritti? Basterà solo la vigilanza e la tutela della deontologia professionale per sopravvivere? Sono riflessioni serie, che non possono essere concentrate in poche righe né in poco tempo.

Una cosa è certa: il dibattito sull’allargamento della professione ai social non è nuovo di zecca: già due anni fa se ne cominciò a parlare, forse con l’intento, neanche tanto nascosto, di dare una boccata d’ossigeno all’Inpgi. La svolta adesso appare imminente. Chissà che ne pensano tutti gli iscritti…

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