Giornalismo volontario e la pubblicazione per retribuzione

Manco da questo spazio da troppo tempo. E allora lo sfrutto. Per uno sfogo che mi va di condividere seriamente, lontano dal post sui social (che lascia il tempo che trova) e per una riflessione sul mondo dell’informazione e della comunicazione oggi.

Una notifica di Linkedin questa mattina mi ha spinto a tornare dopo un po’ anche lì: assorbita dal lavoro, mancavo da troppo tempo anche in quello spazio virtuale. Lo ricordavo come una piattaforma in cui, negli anni passati, avevo trovato interessanti e seri annunci di lavoro. Credo che le cose siano rapidamente cambiate. Ma mi sa che non è un problema solo di Likedin. E’ un problema di chi le offerte di lavoro oggi le fa.

Senza andare troppo per le lunghe, vi sintetizzo le prime due offerte “di lavoro” che mi sono capitate sotto mano mentre scrollavo nevroticamente la home.

  1. Volontario autore di articoli di approfondimento per l’area tematica: Innovazione scientifica e ambientale. (Volontario: almeno lo dicono chiaramente: nessuna retribuzione).
  2. Giornalista freelance. (Ma come? Uno che cerca un giornalista freelance? E per fare cosa? Apro e… tac: è uno stage gratuito. Ora io vorrei capire: è gratuito per il presunto lavoratore? o per l’azienda? Basta continuare a leggere e ogni dubbio è risolto: il compenso è la pubblicazione degli articoli. A patto che siano meritevoli, sia chiaro!)

E, vi dico la verità: non ho continuato a leggere. Mi sono chiesta solo dove andrà a finire il giornalismo se la nostra categoria continuerà ad “abilitare” gente ansiosa di possedere “il patentino” – come lo chiamano loro – perché è un “titolo” in più.

Io mi ricordo che giornalisti bisognava esserlo. Ma, oramai mi sono rassegnata, resto una romantica inguaribile, oltre che una persona d’altri tempi.

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